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Jérémy Ménez, l’Houdini del calcio che è pronto ad incantare Reggio Calabria

Jérémy Ménez, l’Houdini del calcio che è pronto ad incantare Reggio Calabria
Reggina
23/06/2020 20:20 | A cura di Antonio Calafiore
Dal quartiere della Banlieue 94 alla Reggina, la storia del talento francese

Il ”piccolo Zidane”, l’Houdini del calcio, ”FenoMénez”. Nel corso della sua carriera, Jérémy Ménez è stato etichettato prettamente con questi soprannomi, che tanto richiamano all’arte calcistica, al talento, alla magia. E provate ad immaginare il perché. Vai in giro per il web, digiti quel nome francese (ma che gli italiani conoscono molto bene) e ti si apre un mondo, ricco di colpi di classe e talento. Tanto talento. D’altronde, quello che ha avuto sin da bambino, perché quando riesci ad esprimerti in un certo modo ed a certi livelli, il lavoro e l’allenamento possono solo limare e perfezionare quelle doti che ti porti dietro sin dalla nascita.

DAL QUARTIERE DELLE BANLIEUE AL SOCHAUX- Per Jérémy, è stato così. Ed il calcio, per lui, è stata una vera e propria via di fuga. Dalla malavita e da tutte quelle cose che girano attorno ad essa, da tutti quegli ”step” che, prima o poi, portano alla galera, specialmente se sei un adolescente della Banlieue 94, una delle periferie più ”complicate” di Parigi. Forse sarei finito in galera se non avessi avuto il calcio – disse in un’intervista alla Gazzetta dello Sport – Ci sono finiti un sacco di miei amici: furti, droga, quelle cose lì che ci caschi se sei giovane, vorresti tutto ma i soldi sono pochi. Ho continuato a sentirli anche quando erano dentro, i telefonini entrano pure in carcere, e ogni volta mi rendevo conto di quanto fosse sottile il filo che divide una vita felice da una buttata via o comunque rovinata”. Così, all’età di 13 anni lascia il quartiere (dove giocava e si sbucciava le ginocchia sul selciato) e si trasferisce a Sochaux, dove inizia a militare nella squadra della città. Probabilmente la decisione più importante della sua carriera visti i risultati, arrivata al momento giusto perché ”quella è l’età in cui puoi iniziare a fare le stupidaggini più grosse”. L’addio al quartiere (dove ha comprato un campo di calcio a 7) e agli amici, ma senza dimenticare le proprie radici, che tanto lo hanno fatto crescere.

IL RUGBY, LA SCUOLA E QUEL ‘NO’ ALLO UNITED DI FERGUSON- E pensare che il gioiellino francese, all’età di 11 anni iniziò a giocare a rugby. Nel quartiere, con gli amici, faceva l’esterno. Tutto sommato gli piaceva anche, ma… ”dopo un po’ ho smesso di fare il masochista: troppo grossi gli altri, prendevo troppe botte ed ero troppo più bravo a giocare a pallone”. Il pallone, il calcio: un pensiero fisso anche a scuola, dove Jérémy non era di certo una cima. ”Facevo passare il filo delle cuffiette per la musica sotto la manica della camicia e fingevo di appoggiare la testa sulla mano, aspettando di uscire per andare a giocare a calcio”. Giocava, si divertiva e così facendo, a soli 16 anni, attirò l’attenzione di un certo Sir Alex Ferguson, direttamente da Manchester, ovviamente sponda United. Una chiamata troppo importante per essere rifiutata, ma Ménez non se la sentii. Non si sentiva pronto, credeva fosse un salto troppo grande per la sua giovane età, nonostante fosse persino andato in Inghilterra per visionare le strutture e prendere contezza del mondo ‘Red Devils’.

L’IMPATTO CON I GRANDI E QUEL PARAGONE DI ZIDANE- A 16 anni arriva in prima squadra con il Sochaux e diventa il giocatore più giovane della storia della Ligue 1 a firmare un contratto professionistico. Fa il suo esordio nell’agosto 2004 contro l’Ajaccio mentre nel gennaio 2005, a 17 anni e 8 mesi, segna una tripletta al Bordeaux in soli sette minuti, diventando il calciatore più giovane a siglare una tripletta in Ligue 1. Al Sochaux disputa due campionati, chiusi con 55 presenze e 7 reti, prima di passare al Monaco nell’estate 2006. Intanto si laurea campione d’Europa con la nazionale francese Under 17, prima di disputare le prossime due stagioni nel Principato, dove totalizza 55 presenze e 14 reti. A quei tempi, il talento di Ménez finì nel mirino di Zinedine Zidane, il quale lo paragonò a Cassano.

L’ARRIVO IN ITALIA, TOTTI, IBRA E L’EXPLOIT COL MILAN- Nell’estate 2008 la Roma lo acquista per 12 milioni. Ha 21 anni, sceglie la maglia numero 94 (quella delle Banlieue, da dove proviene) ed inizia a mettersi in mostra, nonostante qualche infortunio. In Italia è arrivato un fenomeno, con un cambio di passo ed un dribbling non comuni. Da qui il soprannome ”Houdini” (un illusionista francese) da parte del telecronista giallorosso Carlo Zampa. Nella Capitale instaura subito un ottimo rapporto con Francesco Totti (nei primi mesi vive a casa dei suoi genitori) e Daniele De Rossi, non proprio due qualunque. I primi tempi li passo a casa dei genitori del primo, con il quale l’intesa in campo era massima. A Roma partì bene, poi divenne discontinuo. ”Ménez è un diamante che va sempre lucidato” disse mister Ranieri a quei tempi. Tre stagioni dopo (84 presenze e 7 reti in totale con i giallorossi), tornò nella sua Francia, questa volta al PSG. Qui Ancelotti lo considerò un punto fermo, mentre Ibrahimovic passò dall’elogiarlo a…non passargli più la palla. Anche nella capitale francese si alterna tra alti e bassi e tre stagioni più tardi (dopo 79 presenze e 14 reti) fa ritorno in Italia, al Milan. Quella in rossonero è l’esperienza migliore di Ménez, specialmente sotto l’aspetto realizzativo. Chiude la prima stagione con 16 reti all’attivo e regala spettacolo in giro per l’Italia, in particolar modo a Parma, dove sigla un gol straordinario di tacco. Diversa, invece, la seconda annata, dove un lungo infortunio incide sulla sua stagione. Eppure, dalle parti di Milanello era visto come ”l’erede di Kakà”.

GLI ULTIMI ANNI TRA FRANCIA, TURCHIA E MESSICO- Nel 2016 firma con il Bordeaux, con cui la sua avventura non inizia nel migliore dei modi. In un’amichevole pre-campionato rimedia un taglio profondo all’orecchio (reciso quasi a metà) che lo porta all’operazione per la ricomposizione di esso. Chiude il campionato con sole 3 reti in 26 presenze. Le esperienze successive con Antalyaspor e Club América sono poco rilevanti: con i turchi disputa solo 7 partite a causa di un infortunio, mentre con i messicani totalizza 5 reti in 18 presenze prima di rescindere il contratto. Sulla base di tale decisione, motivi extra-campo legati alla vita notturna del francese.

LA REGGINA CHIAMA, MENEZ DICE ”OUI”- In seguito all’esperienza messicana, torna in patria e lo fa nel Paris Fc, seconda squadra di Parigi, in Ligue 2. Anche qui alti e bassi, sigla 4 reti in 17 apparizioni ma poi è costretto a fermarsi, insieme a tutta la squadra, a causa dell’emergenza Coronavirus. Nel frattempo la Reggina, forte della quasi certa promozione in Serie B, ci fa un pensierino. Taibi avvia i contatti con il suo entourage, il francese vuole tornare in Italia ed è pronto a rimettersi in gioco, a 33 anni, ripartendo dal Sud, precisamente dallo Stretto (dove ad attenderlo c’ un importante contratto triennale). Et voilà. Da Parigi a Reggio Calabria, il tragitto è breve se ambizione e volontà viaggiano di pari passo, le stesse che accomunano Ménez e la Reggina.

E così, dopo una carriera tra alti e bassi, tra una tecnica sopraffina fuori dal comune ed una puntuale discontinuità, l’Houdini del calcio è pronto a dare ancora spettacolo. Il ”Granillo” il suo palcoscenico, Reggio Calabria la sua platea. Tenetevi pronti, il mago sta tornando…

Antonio Calafiore

Antonio Calafiore

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