La zampata di Ungaro ha fatto letteralmente esplodere le 1600 unità presenti al Granillo nel pomeriggio di ieri. Un ruggito che da molto tempo non si udiva a queste latitudini. “Il gol è stata una liberazione” il commento, a caldo, dell’ex Renate in sala stampa. Per settantadue, lunghissimi, minuti la Reggina, però, ha fatto da comparsa. E nemmeno.
Alla voce pagelle, per quel che ci riguarda, avreste potuto tranquillamente trovare la comune dicitura “senza voto“. Senza calcare la mano. Senza sparare sulla croce. Quando si scende in campo, lo si deve fare con il sangue agli occhi. Sempre. Perchè si rappresenta una società che gode di una storia riconosciuta in ogni angolo d’Italia. Perchè si rappresenta un colore che evoca forti emozioni. Perchè si rappresenta una tifoseria sempre calda e passionale, che anche nei momenti peggiori sa trasportare. Perchè si rappresenta una città , la più grande in Calabria, che attraverso lo sport può e deve riscattarsi.
Al di là di ogni ragionevole critica al tecnico, principale responsabile di quanto si è assistiti per oltre un’ora di gioco, non è ammissibile assistere ad una “non prestazione“. A qualcosa che, per onestà intellettuale, non si può commentare. Doveva essere la gara della Reggina. Quella in cui badare al sodo. Quella dove contavano solo i tre punti, perchè per il bel gioco c’è tempo. Non giocare, però, è diverso. E poco importa se l’obiettivo è stato raggiunto. Di fronte c’era la seconda peggior difesa del campionato. Una squadra alla prima esperienza tra i professionisti dalla stagione 2006/07, costruita per mirare ad una tranquilla salvezza ma che si ritroverà la strada decisamente in salita. Una squadra che è stata dominante in ogni porzione del campo più che per meriti propri, per demeriti degli amaranto. Per settantadue minuti il manifesto della bruttezza.Â
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