Ospite di RNP questa sera per la rubrica “A tu per tu” è Fulvio D’Ascola, giornalista, conduttore radiofonico, sociologo della comunicazione dei processi culturali e relazionali e docente esperto.
Da dove nasce la tua esperienza in qualità di giornalista sportivo?
Il tutto nasce dalla mia passione per il calcio, essendo anche un ex calciatore dilettante; ho giocato negli anni ’80 fino alla Promozione. L’amore per questo sport unito alla bellezza della scrittura mi ha portato nel mondo del giornalismo sportivo.
Una lunga carriera partita da lontano…
Ebbi l’occasione di collaborare con la Gazzetta del Sud e di cominciare a muovermi sui campi di periferia; quando i sogni diventano realtà : compravo sempre la Gazzetta per leggere i risultati dei campionati dilettantistici e sognavo di poter scrivere per loro prima o poi, un desiderio che si è realizzato. Erano i tempi in cui il direttore era Saverio Pedullà , tutto si scriveva a macchina e si consegnava a mano.
Cosa significa intraprendere un percorso professionale nel giornalismo sportivo?
La prima squadra che seguì nel 1986 fu il Sant’Anna; dopo trentadue anni di esperienza posso affermare che il giornalismo sportivo ti forma tanto, cresci sul piano della comunicazione e della scrittura, apprendi il dono della sintesi, ad esprimerti con chiarezza nell’esposizione del testo. Impari anche ad analizzare tatticamente le partite, in modo sempre più analitico, ed è un qualcosa che ti aiuta anche ad osservare a 360° la vita di tutti i giorni.
Che differenza c’è tra il giornalismo sportivo di venti o trent’anni fa e quello attuale?
Tutto è cambiato con una sorta di evoluzione-involuzione. Il vecchio giornalista era una persona qualificata, vedeva e raccontava lui le partite, esercitava una certa influenza sull’opinione pubblica e sulle società stesse, in quanto su ciò che raccontava non si poteva avere alcuna controprova; per svolgere questa professione serviva una grande preparazione sotto tutti i punti di vista. Il giornalismo attuale ha perso molto, le notizie sono subito confrontabili e verificabili, inoltre è più facile poter entrare in questo mondo; con quest’abbondanza, l’unico modo per distinguersi dagli altri è acquisire un proprio stile che faccia la differenza.
Fulvio D’Ascola e il Bocale, una lunga storia di passione e amicizia…
Dopo la Juventus nel mio cuore ci sono Bocale e Reggina, sono queste le squadre con le quali ho delle connessioni emotive. Con il Bocale è una lunga storia che parte da lontano, si era creato un bel legame con la vecchia società con Paolo Campolo e il grande Dottor Pellicanò; erano altri tempi, le partite si giocavano a Pellaro e il livello tecnico e tattico era superiore, probabilmente anche perché non esisteva la regola degli under. Anche adesso il Bocale, con l’attuale dirigenza, resta sempre una società modello; il legame resta forte anche se con tempi e luoghi differenti. Ciò che resta immutato nel tempo è la stima reciproca; il Bocale è parte della mia vita.
Hai una fonte d’ispirazione, un personaggio del giornalismo che stimi sopra tutti gli altri?
Sandro Ciotti è per me un mito, era un giornalista che sapeva raccontare e scrivere con immaginazione e stile, oltre ad essere un grande appassionato di musica come me. Sicuramente è Ciotti la mia fonte d’ispirazione.
Da appassionato di calcio e di musica, se ti chiedessi di accostare ad un grande artista un grande calciatore, a chi penseresti?
Bella domanda questa, non è facile… Se devo pensare a qualcuno, mi viene in mente Johan Cruijff, un calciatore unico nel suo genere e dallo stile elegante, che dal punto di vista artistico io accosterei ai Beatles.
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