Ospite di RNP per l’appuntamento con “A tu per tu”, una delle bandiere della Reggina a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, calciatore e capitano prima, dirigente poi. Si tratta di Simone Giacchetta, attuale Direttore Sportivo dell’Albinoleffe, formazione lombarda di Serie C che per anni ha militato in B e che dopo il recente declino, sta riemergendo come dimostra anche il quinto posto finale di questa stagione.
Raccontiamo quella che è stata la stagione dell’Albinoleffe, che adesso si sta preparando per disputare i playoff.
Questa stagione è stata molto positiva per noi, vissuta in crescendo; dopo qualche difficoltà lo scorso anno, con l’iscrizione effettuata ad agosto, eravamo riusciti ad effettuare una cavalcata che ci ha portati ai playoff, dove abbiamo eliminato una delle favorite, il Padova, vincendo in casa loro. Quest’anno abbiamo voluto concentrarci sullo spirito di gruppo puntando sullo zoccolo duro della passata stagione; eravamo partiti bene, poi abbiamo patito una serie di passaggi a vuoto ma in questo finale ci siamo ripresi, riuscendo ad ottenere quattro vittorie ed un pareggio nelle ultime cinque giornate. Ci siamo piazzati tra le prime chiudendo al quinto posto, un risultato prestigioso per noi; ai playoff proveremo a sfruttare questo piazzamento per fare del nostro meglio.
Quale differenza c’è a tra un club del nord ed un club del sud? Dove si lavora meglio dal punto di vista logistico e ambientale?
Intanto bisogna dire che l’Albinoleffe è una società atipica rispetto alle altre del nord, in quanto rappresenta due diversi comuni, Albino e Leffe, mentre la sede operativa e il luogo in cui gioca le sue partite è Bergamo; di fatto si tratta di un club che rappresenta non una città ma un territorio. Nelle società del nord c’è un modo di lavorare che ti consente un costante confronto, ti permette di acquisire conoscenze, c’è una gestione di tipo aziendale e una certa rigidità . Le società del sud di permettono invece di avere opportunità diverse, c’è una gestione quasi familiare; inoltre c’è un maggiore coinvolgimento dei tifosi, cosa che al nord avviene in maniera minore, il tifoso è un po’ più distaccato.
Riguardo invece la Reggina, ha avuto modo di seguire quella che è stata la stagione amaranto?
Sì, ho seguito la stagione della Reggina anche se non l’ho mai vista dal vivo, solo in TV qualche partita. Per quelle che erano le possibilità economiche della società , ritengo che più della salvezza non si potesse sperare, hanno quindi ottenuto il massimo; purtroppo l’attuale realtà è lontana parente di quella che abbiamo vissuto non nei racconti dei nostri genitori ma in prima persona, in quanto molto recente. Purtroppo il doppio contesto riguardante il calcio e la città di Reggio Calabria sono molto diversi dal passato, una volta si viveva dell’orgoglio amaranto; negli ultimi anni invece, a causa delle varie difficoltà e del crollo della Reggina, la passione è un po’ scemata. Quando si scivola tanto in basso e le forze economiche non sono elevate, è sempre difficile ripartire, serve tempo per puntare nuovamente a traguardi prestigiosi quali Reggio merita. Il tifoso reggino vive ovviamente con nostalgia il ricordo degli anni d’oro e sogna di rivivere quelle emozioni.
Serie C: una categoria che vive lei dall’interno e che ogni anno presenta squadre in grosse difficoltà economiche, con penalizzazioni che condizionano le classifiche; quali possibili soluzioni esistono?
Purtroppo la situazione della Serie C è molto dura, ci sono grossi problemi di sostenibilità per molte società , i costi di gestione sono eccessivi; si tratta di un grosso problema sul quale pesa molto la ‘legge Melandri’, in quanto la ripartizione dei proventi per le singole società non è sufficiente a far fronte alle grosse spese. Gli sponsor sono ben pochi, mentre nei botteghini l’incasso è davvero esiguo. Occorrerebbe ripartire da zero rifondando tutto il sistema calcistico, non solo la Serie C; basti pensare che gli organi principali del calcio italiano sono commissariati per rendersi conto dell’attuale situazione. Le società di Serie C più che a programmare pensano a sopravvivere, e soluzioni immediate non credo ci siano; ridurre il numero degli over potrebbe diminuire i costi, ma sarebbe una soluzione minima. Si dovrebbe puntare sulla formazione dei giovani, non solo calciatori ma anche dirigenti, una nuova generazione che possa portare un modello di pensiero differente e con soluzioni utili da applicare nell’arco di qualche anno.
Questione futuro: come o dove si vede da qui a qualche anno Simone Giacchetta?
Non posso pensare ad un futuro a lunga scadenza; il lavoro che svolgo è difficile, ti porta via molto tempo, è un grande impegno che a volte ti impedisce anche di vivere la tua vita privata, e di conseguenza programmare un futuro lontano è impossibile, organizzo la mia vita professionale una settimana per volta. Il mondo del calcio è particolare, selettivo e spesso ingiusto; lo vivo ormai da trent’anni e a volte la stanchezza e la pressione ti pesano molto. Continuo a viverlo comunque con grande passione, ma per il mio futuro vedremo, tutto potrebbe accadere.
Commenti