Una delle bandiere della storia amaranto. Non ha bisogno di presentazioni Piero Armenise. Tra i protagonisti della Reggina di Scala che, dopo il ritorno dell’estate scorsa, vedrà di nuovo il Granillo il 25 giugno per l’evento che metterà di fronte Reggina ’88 contro Reggina ’99.
Armenise è stato ospite telefonico di Tutti i Figli di Pianca, su Touring, affrontando diversi temi in merito al calcio attuale, partendo dal suo punto di vista per ciò che concerne la tanto nota vicenda Totti-Spalletti il quale ieri ha conosciuto un nuovo epilogo. Il capitano giallorosso, subentrato all’86’, ha ribaltato con una doppietta in due minuti il risultato regalando tre punti alla sua squadra: “Io penso – esordisce Armenise – che un grande allenatore debba avere alle spalle una grande società , ma Spalletti non la ha e tutto viene più difficile. Per questo sa che deve fare il bene della squadra e preservare i risultati. Totti è stato e sarà un grande della Roma ma deve anche essere consapevole di portare avanti le prospettive della squadra preservando il suo utilizzo. Alla fine la vittoria di ieri è da attribuire anche a Spalletti, che ha creduto in Totti inserendolo nel finale. Se non avesse creduto in lui, non l’avrebbe fatto entrare”.
La chiacchierata si sposta poi su ciò che è stato il calcio di Armenise e su quanto sia cambiato rispetto a quello di oggi: “Io ho smesso di giocare a 34 anni perchè non mi divertivo più. Dopo aver avuto tecnici come Zeman e Scala, ho iniziato a vedere allenatori che andavano avanti con ‘delle spinte’. Dicevano il contrario, io non ero d’accordo e non mi piaceva starmi zitto, così ho lasciato. Ricordiamo cos’era il calcio di Zeman, un vero calcio: lui ti dava lo spartito e tu seguivi semplicemente la strada. Quest’anno, ad esempio, mi son divertito tanto a vedere giocare Sassuolo e Napoli. La Juventus vince perchè ha grandi singoli e una grande società . A portarti i risultati, nel calcio attuale, sono forza, velocità , resistenza, esplosività ”.
Chiaro e quasi scontato, quindi, il paragone con quella che fu la “sua” Reggina, quella che fece innamorare i tifosi. “Un ex calciatore amaranto una volta mi ha detto: ‘Noi siamo stati in Serie A ma vorrei capire perchè parlano sempre voi‘. Semplice, noi siamo la storia, la vera storia. Da noi è partito tutto: non avevamo centro sportivo, ci allenavamo allo stadio che non era sempre in grandi condizioni, non avevamo vestiti. Noi abbiamo dato il là a quella che è stata la Reggina”.
Da qui, lieve punta di amarezza: “Proprio per questo – prosegue Armenise – non ho capito perchè in futuro la società non si è affidata agli ex che veramente hanno voluto bene a questa squadra. Ci si doveva affidare ‘a chi è partito dalla Terra’, avrebbe messo sicuramente l’anima”.
Ritorno al presente, il 25 giugno un grande evento per la storia amaranto, con finalità anche extra calcistiche: “Per noi ci sarà sicuramente la gioia di rivedere i vecchi compagni, di far felici i tifosi e di divertirci con loro. Ma non dimentichiamoci che lo scopo principale è ‘fare il tifo per le persone che un giorno incontreranno un’altra vita‘. Anzi, mi piacerebbe discutere di questi concetti in una conferenza, il 24. Dico e penso questo perchè so cosa vuol dire fare beneficenza, ho toccato con mano ciò che si respira e mi rendo conto che non tutti ne sono a piena conoscenza”.
Mai banale Piero Armenise, per niente diplomatico. Schietto, sincero, realista. Come il calcio che in realtà vorrebbe e invoca…
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