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Foti:”Vittorie e sconfitte, coraggio ed errori: Reggina, sono stati 30 anni pazzeschi”

Foti:”Vittorie e sconfitte, coraggio ed errori: Reggina, sono stati 30 anni pazzeschi”
Reggina
26/03/2016 14:02 | A cura di Redazione ReggioNelPallone.it
Lillo Foti, presidente della Reggina Calcio, a tutto campo su ReggioTV tra passato, presente e futuro.

Ottava puntata su Reggio Tv, canale 14, della trasmissione “10 domande” ideata e condotta dal giornalista Massimo Calabrò. Ospite questa settimana il presidente della Reggina Calcio Lillo Foti.

Numerosi gli argomenti toccati. Dalla coraggiosa scelta del gruppo di imprenditori nel 1986 a rilevare la Reggina, agli anni di B e C, le varie promozioni, il salto in A e le stagioni delle salvezze alle ultime giornate, in particolare quella miracolosa con Mazzarri, partiti da -15 (poi – 11). Ma non soltanto i momenti positivi dei 30 anni di Foti alla Reggina, anche gli errori successivi che hanno purtroppo portato la Reggina alla retrocessione in C e poi alla mancata iscrizione. A Foti Massimo Calabrò ha inoltre chiesto se la Reggina tornerà a fare calcio professionistico nell’ipotesi LegaPro a 60 squadre e se ci sono le condizioni per un accordo con la SSD Reggio Calabria.

Si parte dal 1986 e dalla fondazione della Reggina Calcio con Pino Benedetto presidente e Foti AD. Perchè decideste di investire nel calcio, quale fu la molla?

Il coraggio, che è appartenuto a tanti dei soggetti che presero parte a quella operazione, il senso di appartenenza nei confronti della città e della nostra squadra. Sentimenti che crearono quell’entusiasmo che fu decisivo ad accostarci a quella passione che ci era stata trasmessa dai nostri padri.

La promozione della Reggina di Scala era programmata o arrivò all’improvviso?

C’era la grande voglia di partecipare e fare bene ma di programmato non c’era nulla. Ricordo che ad inizio anno andò via Bigon e ci fu l’incontro con Nevio Scala in un albergo di Milano, molto produttivo, e l’arrivo della coppia gol Lunerti-Onorato. Arrivammo così al primo spareggio che riportò la Reggina dopo tanti anni in un campionato che ebbe ribalta nazionale.

L’altro spareggio, quello di Pescara, fu di segno opposto. Che ricordo ha?

Ricordo bene anche ciò che avvenne prima di quello spareggio, ed in particolare alla sconfitta di Parma che ci creò tante difficoltà. Il calendario sembrava aiutarci nelle ultime giornate e invece tutto improvvisamente si complicò e riuscimmo soltanto a cogliere l’occasione di andare allo spareggio. Di quel giorno resta l’affetto dei 23000 nostri tifosi all’Adriatico colorato di amaranto, quella sequenza di rigori è ancora viva nella mia mente come il rammaricò che seguì. Negli spogliatoi ricordo perfettamente come già parlassimo del futuro con la volontà di rimetterci in discussione per provare a dare alla Reggina nuove opportunità. Così non fu, l’anno successivo fu un campionato di buon livello, quello seguente l’inaspettata retrocessione con i tanti cambi di allenatore e i numerosissimi infortuni, su tutti la frattura di tibia e perone di Vincioni a Lucca.

Gli anni della C: si prova sempre a risalire, la promozione arriva con Zoratti e il bomber Aglietti.

Ripartimmo con enormi difficoltà dopo la retrocessione, di natura tecnica ed economica. Fu un po’ come tornare alle origini, inserimmo tanti giovani in prima squadra e piano piano il progetto ebbe modo di crescere. Gli episodi chiave della promozione? Il gol di Pasino a Gualdo e quello di Aglietti al Partenio

La promozione in A, un grande obiettivo centrato che ad inizio stagione probabilmente non era pronosticabile.

Inaspettata, la guida e l’entusiasmo di un tecnico come Gustinetti furono molto importanti specie inizialmente: diede uno stimolo ai componenti di quel gruppo, l’esperienza di Bolchi nelle ultime 6 partite rifinì tutto. Quel finale di stagione fu figlio delle sensazioni che ebbi nello spogliatoio a Verona dopo la sconfitta con il Chievo: mi sembrò un gruppo che era soddisfatto di quello che aveva raggiunto, la società agì di conseguenza decidendo per il cambio tecnico. Una scelta che fece discutere, ma che poi si rivelò vincente.

La prima Serie A, l’impossibile che diventa reale. Quali gli aneddoti, gli episodi che prima le vengono in mente di quell’avventura?

Fu straordinario tutto. Voglio citare la partita con il Bologna, alla terza giornata. Il venerdì incontro Pirlo a Milano, troviamo l’accordo per il suo trasferimento nel mattino e nel pomeriggio raggiunse la squadra in Emilia andando subito in campo domenica, offrendo perfino l’assist a Possanzini per la prima vittoria in Serie A. Ricordo anche la vittoria di Cagliari che sostanzialmente sanciva la nostra salvezza e la festa che ne seguì, ricordo l’allegria, la partecipazione ed il divertimento dell’intera squadra nelle ultime giornate quando si avvertì che il nostro gruppo di calciatori fosse pienamente integrato sotto ogni punto di vista con la città.

Tanti campionati importanti, tante le salvezze raggiunte. Una, in particolare, ha fatto la storia: quella della penalizzazione. 

La carta vincente, oltre alla società, fu sicuramente l’anima ribelle di Mazzarri che vide nella penalizzazione una clamorosa ingiustizia e riuscì ad aggregare tutta la squadra in quell’obiettivo, creando un ambiente che riuscì ad isolarsi contro tutto e tutti dando vita a quella straordinaria cavalcata con la quale la Reggina firmò un’impresa impossibile per tutti. Impossibile all’esterno, non all’interno perchè eravamo diventati davvero un gruppo granitico in grado di affrontare qualsiasi battaglia. Non ci fu una partita chiave: tutte furono in grado di dare un senso alla stagione, è chiaro che il 3-3 di Empoli sia la fotografia della stagione, ma ogni gara in quel campionato fu ugualmente importante per raggiungere l’obiettivo.

Il S.Agata fucina di talenti, elemento chiave del progetto amaranto negli anni. E ora?

Il S’Agata ha rappresentato qualcosa di molto familiare. E’ stata una struttura che ha dato una straordinaria opportunità di formazione e i connotati di appartenenza che per lungo tempo hanno contraddistinto tutte le persone che hanno vissuto il nostro centro sportivo. Oggi le cose sono diverse, com’è noto la vicenda rientra in un contesto giudiziario e dunque preferisco aspettare che chi di dovere si pronunci prima di commentarlo ulteriormente.

Torniamo al campo. Gli anni di A si interrompono, arrivò la retrocessione, quali errori si riconosce principalmente: cosa, tornando indietro non avrebbe fatto?

Subito dopo la retrocessione, ci fu sicuramente presunzione. Devo dire che anche prima, nel corso della stagione della retrocessione, le 4 partite di Pillon dovevano esser valutate con maggiore attenzione perchè furono alcuni episodi e non le prestazione a determinare quei risultati. Ci fu subito lo stimolo di ridare lustro immediatamente alla Reggina, furono fatte scelte e investimenti importanti per quelle che erano le nostre possibilità economiche: volevamo recuperare subito la massima categoria. Le nostre scelte non pagarono. Quando costruisci qualcosa con un obiettivo e non lo raggiungi, le scelte che fai ti penalizzano anche negli anni successivi. Con alcune cessioni, in seguito, riuscimmo a tamponare. Ci fu l’altra grande opportunità, quella di Novara, quando arrivammo a dei playoff meritatissimi e ci fu quella beffa finale cui seguirono anni con poca luce e molte amarezze. Bisogna riconoscere che quel senso di appartenenza che era stato la forza della Reggina si dissolse piano piano perchè le insoddisfazioni accumulate erano state troppe ed in questo senso gli errori commessi dalla società indubbiamente pesano.

L’anno della retrocessione in Lega Pro: la squadra non sembrava così povera di contenuti tecnici, eppure… 

C’era una situazione economica che ci teneva già in grande difficoltà e anche in quel caso le scelte furono sbagliate, ma non c’era più probabilmente l’ambiente adatto. Basta pensare a Cocco che da noi non riuscì a dimostrare il suo valore, e appena l’anno successivò firmò 20 gol…

Arriviamo ai giorni nostri: il trionfo di Messina e poi la mancata iscrizione. Come si è arrivati a questo?

Ci furono una serie di tentativi da parte mia di aprire le porte a più soggetti, già l’anno prima l’iscrizione era arrivata attraverso il sostegno di alcuni amici. Ho provato a battere più strade, dalla riqualificazione dell’area del Granillo alla possibile svolta australiana che avrebbe potuto dotare la Reggina di forze economiche di rilievo. Da parte mia c’era già grande stanchezza, è indubbio, e i miei problemi di salute che arrivarono in un momento molto delicato per l’operazione di salvataggio che stavamo conducendo hanno limitato le nostre chance.

Dalla conferenza stampa a Palazzo San Giorgio dopo l’incontro con Tavecchio allo svincolo dei calciatori pochi giorni dopo: cosa è successo tra un evento e l’altro?

Uscimmo dall’incontro con il presidente Tavecchio durante il quale ci fu una disponibilità ad avere quella settimana abbondante di tempo che poteva servire a mettere insieme le forze economiche necessarie per arrivare all’iscrizione. In seguito sappiamo tutti come andò, le mie verifiche successivamente le ho fatte e penso di poter dire che qualcuno premette al contrario sull’acceleratore per avviare lo svincolo andando a penalizzare non solo la Reggina ma tutte le altre società interessate da quel provvedimento.

Lei ha detto di non volersi più occupare di calcio agonistico, ora si sta parlando di Lega Pro a 60 squadre: ce lo farà un pensierino?

Penso che il calcio adesso abbia bisogno di formazione. Basta guardare i numeri con la percentuale di stranieri che attualmente gioca nelle squadre di Serie A e Serie B, andando così a minare l’identificazione dei nostri calciatori. La Reggina ha sempre investito in questo senso, basti pensare che quest’estate ben 25 dei nostri giovani calciatori sono andati a squadre professionistiche. La Reggina Calcio non avendo le risorse economiche per potersi confrontare con il calcio agonistico ha fatto una scelta logica e corretta a supporto di un territorio in un’ottica formativa. Un matrimonio tra SSD Reggio Calabria e Reggina? Non credo sia questo il punto. Ciò che è certo è che avevo dato la mia disponibilità ad uscire anche dalla società nel momento in cui si fosse data opportunità di continuità alla Reggina perchè il club è più importante della mia persona. E’ cosa nota che la mia volontà era quella di chiudere un ciclo, che è stato importante e durante il quale ho dato tutto me stesso, con l’unico obiettivo che la Reggina continuasse il suo percorso. L’intenzione era quella.

Dovesse sintetizzare i suoi 30 anni alla Reggina, come lo farebbe?

Un’avventura straordinaria, con una miscela di tante cose positive: il coraggio e la passione su tutte. Sono stati 30 anni pazzeschi, a ritmi elevatissimi, durante i quali non c’è mai stato un giorno di vacanza. Errori ne sono stati fatti, ma sempre con la voglia di andare oltre, di creare qualcosa che potesse esser gratificante. Tante volte non ci siamo riusciti, a volte però sì ed è stato uno spettacolo straordinario: le espressioni del Granillo e del Lungomare stracolmi, di San Siro e dell’Olimpico sono cartoline che hanno fatto venire fuori l’orgoglio di essere reggini, qualcosa che è stato apprezzato da tutti in Italia e nel mondo. La Reggina si è confrontata con i grandi, guadagnando il rispetto di tutti. Tutto ciò che posso dire, qualunque cosa possa succedermi. potrò solo dire ‘Grazie Reggina’ per tutto ciò che in questi 30 anni questa realtà è riuscita a darmi umanamente, nelle vittorie e nelle sconfitte.

La trasmissione andrà in onda ancora domenica alle 23, lunedì alle 19 e 45 e mercoledì alle 17.

Redazione ReggioNelPallone.it
Testata giornalistica online Aut. Trib. di Reggio Calabria n. 11/2010 Il calcio e lo Sport nella Provincia di Reggio Calabria.

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