“Il girone di ritorno in serie D è tutta un’altra cosa rispetto a quello di andata, parlare di calcio diventa difficile...”. Una frase ascoltata tantissime volte da dirigenti e addetti ai lavori, che oggi come oggi, alla luce delle ultime notizie provenienti da più di un club partecipante al girone I, suona quasi come una sentenza. Il ridimensionamento dell’Agropoli, che per bocca del direttore tecnico Francesco Magna ha annunciato di voler proseguire il campionato affidandosi ai giovani, con conseguente taglio delle maggior parte dei giocatori più rappresentativi, testimonia semmai ce ne fosse bisogno il ‘malessere’ di un sistema che continua a crollare anno dopo anno. Nel girone I, il club campano non è l’unico a dover fare i conti con un presente pieno di punti interrogativi ed un futuro che nella migliore delle ipotesi risulta incerto. Il rischio, è che la stessa situazione possa esplodere in tante altre piazze, basta vedere ciò che sta succedendo a Lamezia Terme. Basta fare una rapida analisi ci ciò che è successo negli ultimi anni, per accorgersi che nel raggruppamento riguardante l’estremo Sud, più di una società ha alzato bandiera bianca in corso d’opera (Orlandina lo scorso anno, Licata e Ragusa due anni fa etc.etc.).
Non abbiamo nulla contro i diretti interessati, ci mancherebbe altro, anche perché da queste parti, nella scorsa estate, abbiamo vissuto sulla nostra pelle cosa significhi dover fare i conti con problemi economici che non vengono risolti. Allo stesso tempo tuttavia, se non si riesce a mettere un freno a queste continue emorragie, continueremo ad assistere a campionati falsati e società che spariscono anno dopo anno , inghiottite da un sistema che non sta più in piedi da tanto, troppo tempo. La serie D, in tal senso, non è che la punta di un iceberg. Del calcio che merita di essere vissuto e raccontato, è rimasto pochissimo. Se davvero si vuole salvare il salvabile, occorre un ‘reset generale’ che sia immediato, perché di tempo ormai non ce n’è più, e la situazione peggiora anno dopo anno. Servono regole diverse, servono imput diversi. Rimanendo alla categoria che ci riguarda, ciò che sta succedendo deve far capire che non basta racimolare i soldi per l’iscrizione (cinquantamila euro, bene o male non sono un problema), ma è necessario che sin da agosto ogni società riesca a fornire garanzie anche e soprattutto sul prosieguo della stagione.
Ma il teatro dell’assurdo targato serie D, si arricchisce ahinoi di un altro capitolo: i playoff. Una lotteria lunghissima, estenuante,  che si conclude con gli spareggi in campo neutro. Ulteriori spese per chi vi partecipa, ulteriori sacrifici per tifosi ed addetti ai lavori. Ma a cosa servono questi playoff? Solo ad aggiudicarsi un premio in denaro (trentamila euro) che a conti fatti non copre neanche l’iscrizione a cui facevamo riferimento prima. Certo, in caso di ripescaggi si potrebbe essere agevolati, ma il problema è che per la stagione 2016/2017 è stato già  annunciato e ribadito che ripescaggi non ce ne saranno. Benvenuti in serie D signori, l’unico campionato al mondo dove vincere i playoff, a meno di clamorosi ribaltoni e di regole che vengono stravolte in corso d’opera (sai che novità …), non serve praticamente a nulla!!!
Eppure, per dare un senso a questa assurdità basterebbe poco, pochissimo. Giusto per fare un esempio pratico, basterebbe calcolare alla  fine di ogni stagione il coefficiente punti dei tre gironi di Lega Pro, e stabilire una retrocessione in più, da applicare nella stagione successiva, per quello con il punteggio più basso. Un calcolo semplicissimo, che porterebbe 10 retrocessioni dalla Lega Pro e 10 promozioni dalla serie D, laddove la decima squadra ad accedere nel calcio professionistico sarebbe proprio la vincitrice di questi “playoff fantasma”. Ma possibile che nessuno ci abbia mai pensato? Possibile che a chi di dovere non sia ancora venuta in mente una soluzione così elementare?
Si, il calcio deve cambiare. Prima che sia troppo tardi. Ma siamo sicuri che il calcio voglia  cambiare? Siamo sicuri che sia in grado di cambiare? Sono questi, forse, gli interrogativi più angoscianti…
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