Di Vincenzo Ielacqua – Non è più un calcio giocato, ma un calcio “bollato”. Forse, purtroppo, troppo malato. Cronico, diremmo.
Continuano i guai per calciatori, società e tecnici. Problemi (tanti) derivanti non dagli insuccessi sul campo ma dalle maxi inchieste del male del secolo per lo sport più seguito in Italia e nel mondo: il “calcioscommesse”.
La Procura Federale, esaminati gli atti dell’indagine «Dirty Soccer» (quella, per intenderci, che questa estate aveva stravolto i campionati) condotta dalla Procura di Catanzaro, ha deferito al Tribunale Federale Nazionale-Sezione Disciplinare 29 società di Serie B, Lega Pro, Dilettanti e campionati di Eccellenza di Campania, Calabria, Puglia e Sardegna, oltre a 52 soggetti riconducibili alle società in questione.
Tante le partite nuovamente sotto la lente d’ingrandimento: 27 quelle ritenute dal pm federale oggetto di combine, di cui due di Serie B, tantissime quelle di Lega Pro e serie D che, di dritto o di rovescio, interessano squadre ad oggi impegnate nei rispettivi campionati (molte anche nel girone I della serie D, lo stesso dell’Asd Reggio Calabria).
In divenire, dunque, inchiesta e possibili sanzioni che, seppure doverose, giuste e sacrosante – è bene chiarilo a scanso di equivoci – se dovessero prolungarsi rischierebbero nuovamente di stravolgere i campionati attuali e, forse, anche la prossima stagione. Questo uno degli elementi principali da affrontare: la giustizia elefantiaca, purtroppo, non aiuta. Troppi, davvero troppi mesi.
Si dirà, i tempi della Giustizia in Italia sono questi. Ma non è una giustificazione, anzi è un’aggravante. Per sbrogliare matasse delicatissime, troppi giorni in attesa di sentenze, appelli, controappelli, ricorsi e chi più ne ha più ne metta, che dilatano incertezze e tempi di programmazione, che rischiano di inficiare anche il proseguo dei campionati già in corso.
Qui urge un doppio intervento: da una parte giuridico, al fine di “stangare” chi si rende soggettivamente attore di condotte illegali (rischiando di “uccidere” il calcio pulito, la passione dei tifosi, gli sforzi di dirigenti e calciatori moralmente integerrimi) con l’obiettivo di stroncare una forma di “avidità estrema” che solo con regole ferree può essere fronteggiata.
Dall’altro lato, però, è necessario modificare e velocizzare gli iter procedurali poiché non è più possibile che, accanto ai campionati che si disputano in campo ce ne siano, parallelamente, altri che si decidano in tribunale a colpi di carta bollata e non di gol segnati.
Oggi, intanto, a Roma il derby della Capitale, il derby nazionale per “eccellenza” in quanto a passione popolare. Ebbene, andrà in scena con le due curve vuote per protesta, testimonianza plastica della sconfitta di questo calcio moderno e commerciale che ha soffocato passione, colori e tifo.
Il rischio, a breve, è che quello di Roma non sia un episodio isolato ma una tristissima consuetudine.
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