Di Antonello Merenda – Nel calcio esistono varie componenti obbligatorie, al fine di poter disputare una partita. Chiaramente, senza il gruppo dirigente, che a Luglio provveda a finanziare l’iscrizione, si verificherebbe un’inevitabile effetto a catena su arbitri, tecnici e calciatori. Andando nello specifico vediamo diverse situazioni e, soprattutto, diverse soluzioni.
Partendo dalla classe arbitrale, sul piano economico quest’importante componente, ha sempre avuto la totale garanzia di veder correttamente remunerato il proprio operato. Lo stesso dicasi per gli allenatori, i quali dopo diverse battaglie nelle “stanze che contano” hanno ottenuto il riconoscimento del proprio diritto ad aver corrisposti gli emolumenti anche in caso di esonero a stagione in corso. Discorso a parte per i calciatori. Questi ultimi spesso e volentieri, dall’Eccellenza alla Prima Categoria, si ritrovano in alcune società con varie mensilità non retribuite e burocraticamente, in quanto Dilettanti, non soggetti a nessuna tutela legislativa per il proprio lavoro.
Chiaramente bisogna capire quali di queste componenti è indispensabile per il sistema. Se i dirigenti non presentassero i documenti, se l’arbitro dimenticasse il fischietto a casa, se i giocatori non scendendessero in campo la partita, inevitabilmente, non si giocherebbe. In assenza di un allenatore (squalifica, motivi personali ecc.), una partita, invece, si è sempre giocata regolarmente.
E’ ovviamente un paradosso utile ad estremizzare il problema ma visti questi dati, mi chiedo perché i calciatori non debbano avere, nel bene e nel male, lo stesso trattamento degli allenatori.
Vorrei porre l’attenzione su due casi, che per ovvi motivi lascio anonimi, che hanno riguardato il calcio dilettantistico calabrese.
Diversi anni fa, in Eccellenza, un gruppo dirigente, tradito da un main sponsor, si vide costretto già nel mese di Febbraio a non poter mantenere gli impegni economici presi con tecnico e calciatori, i quali, “capita l’antifona”, volevano disertare gli allenamenti. Successivamente, al termine di svariati colloqui, il gruppo decise di proseguire l’avventura, sino all’inevitabile retrocessione.
A distanza di qualche anno, quando la vecchia dirigenza aveva ormai “passato il testimone” a nuovi soci, gli stessi dovettero retribuire il vecchio allenatore, senza aver con questo mai avuto nessun rapporto “sportivo”, pena l’esclusione dal campionato. I calcatori però, non ricevettero alcuna somma.
Un altro caso, diverso nella forma ma non nella sostanza, si è recentemente verificato sempre nei nostri campionati regionali dilettantistici. Al termine della stagione, una società aveva accumulato delle pendenze sia verso il tecnico che verso due calciatori di primissimo livello. I dirigenti, autotassandosi e grazie all’aiuto di alcune aziende del territorio, riuscirono a racimolare una cifra che tuttavia non raggiungeva la somma totale del debito. Anche in questa circostanza, al tecnico è stata riconosciuta l’intera cifra che gli spettava, mentre i due calciatori, rimasti con un pugno di mosche in mano, si trasferirono giustamente in altre società .
Questi due esempi vogliono far capire che, a determinati livelli, non ci possono essere “figli e figliastri”. Se è impossibile pretendere che le società regolarizzino la situazione di tutti i tesserati sarebbe almeno opportuno eliminare questa regola disparitaria. E questo, attenzione, non a dispetto della categoria dei trainer – perchè tutti hanno diritto e ragione a veder riconosciuto quanto gli spetta – ma soprattutto nel rispetto dei calciatori. O soldi per tutti o soldi per nessuno!
Antonello Merenda
(Giornalista, conduttore della celebre trasmissione radiofonica”Universo Dilettanti”, storico appuntamento settimanale sul weekend del calcio dilettantistico in onda su Antenna Febea)
* La Redazione di Reggionelpallone.it, nel pieno rispetto di qualsiasi categoria che anima il mondo del calcio dilettantistico, è a disposizione di chiunque voglia intervenire e dire la propria in merito alla tematica affrontata dall’autorevole collega.
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