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La Reggina è morta. La Reggina non morirà mai.

La Reggina è morta. La Reggina non morirà mai.
Editoriali
14/07/2015 19:14 | A cura di Gianpiero Versace
Muore un simbolo di Reggio Calabria, muore l'emblema sportivo di questa città. Vive, e lo farà sempre, la passione popolare di un popolo mai domo.

Tempo fa, nel corso di una ricerca giornalistica, piuttosto casualmente approdai nella pagina di Wikipedia dell’US Foggia. “E’ stata una società calcistica italiana, con sede nella città di Foggia”. Fui profondamente colpito dalla coniugazione al passato. “E’ stata?!”, pensai.

Ero perfettamente a conoscenza del fallimento cui il club pugliese era andato incontro ma da superficiale osservatore esterno mi ero limitato a registrare la sostituzione del prefisso “US” con il suffisso “Calcio” nella denominazione ufficiale. Dal momento in cui vedevo una squadra rappresentante della città di Foggia, con indosso una maglia rossonera, giocare allo Zaccheria sostenuta dalla sua gente, ritenevo che quanto accaduto a livello societario avesse avuto una relativa rilevanza. Così non era.

All’epoca dei fatti mi occupavo ancora della comunicazione della Reggina e vivevo dall’interno della società gli ormai noti problemi finanziari che, più o meno concretamente, ne minacciavano già la sopravvivenza. Attraverso questa banale coincidenza dovetti prender coscienza che il fallimento non sarebbe stato solo una sconfitta sportiva, patrimoniale, un passo indietro nella categoria di appartenenza.

Era, prima di tutto, una perdita d’identità.

Era successo al Foggia e a tante altre storiche piazze italiane soffocate dal malaffare, dall’approssimazione e dalla mancanza di seria programmazione. Mali che hanno stritolato questo sport, prim’ancora della nota e per certi versi, almeno nel sistema calcio, consequenziale crisi finanziaria.

Il Foggia delle epopee vincenti con Oronzo Pugliese, Tommaso Maestrelli e soprattutto Zdenek Zeman non esisteva più. Proprio come la Reggina degli stessi due illustri predecessori del boemo sulla panchina foggiana, o quella di Armando Segato, la banda Scala di recente celebrata al Granillo, quella che realizzò l’impossibile con la prima promozione in A. La Reggina dei 9 anni nella massima serie. La Reggina Calcio, come fu per l’AS Reggina, bisogna fare i conti con la storia, è stata una squadra di calcio.

La Reggina è morta oggi, 14 luglio 2015, portando con se tutte le pagine, comunque indelebili, scritte. Il danno è incalcolabile. Dolore, onta e amarezza memorabili.

Intanto, però, è già tempo di guardare avanti perchè se è vero che la Reggina è morta, è altrettanto vero che la Reggina non morirà mai.

Il 1986 torna di strettissima attualità. Non bisogna dimenticare che gli amaranto già allora conobbero un fallimento, seppure a stagione in corso e non a campionato finito come oggi. Le normative vigenti permisero al nuovo staff dirigenziale di ereditare il titolo sportivo della vecchia Reggina onorando i debiti contratti con i tesserati. La vecchia società fallì, ne venne creata una nuova. Il nome dovette cambiare: “l’AS” divento “Calcio” e la Reggina ripartì. Oggi bisognerà rilevare un nuovo titolo sportivo e nella migliore delle ipotesi (leggasi Hinterreggio) si ripartirà dalla D. La storia, seppure con delle differenze (sta a chi legge stabilire, secondo propria coscienza, quanto profonde) si ripete.

La penna per scrivere questa nuova storia – e soprattutto sentirla propria – è in mano ai tifosi, all’ambiente, a chi si è sentito legato alla Reggina nel corso della propria vita. Ci sarà chi considererà chiusa la propria esperienza con il calcio, chi si riconoscerà nella nuova Reggina. Seppure perfettamente contrapposti, avranno entrambi ragione. Non c’è un unico modo, e soprattutto non ne esiste uno giusto, per vivere il trapasso ed il futuro. Bisognerà guardarsi dentro e saper codificare le proprie emozioni più sincere.

Ci sarà un’altra squadra che rappresenterà Reggio Calabria, vestita d’amaranto. Avrà un nome molto simile a quello del club appena scomparso e sarà – chissà – proprio quello pre ’86, AS Reggina. Sentirla propria o meno sarà un esame di coscienza, un esercizio a metà tra la razionalità della “forma” ed il brivido della “sostanza”. Sarà un atto personale, legittimo e ingiudicabile, cui ogni rappresentate del popolo amaranto sarà suo malgrado sottoposto.

Queste però sono soltanto ipotesi e saranno approfondite a tempo debito. Oggi c’è la stretta, inaccettabile, realtà. La Reggina Calcio ha mancato l’iscrizione alla Lega Pro ed è sparita. Il pensiero va a tutti coloro i quali sono stati uniti da questa realtà, da questo piccolo miracolo sportivo. A chi ha gioito, pianto, sofferto, vissuto accanto ad essa. E a chi al S.Agata, addetti e dipendenti, anche in questi giorni durissimi, con impareggiabile dignità ha continuato a portare avanti quel lavoro, il proprio, che da domani sarà un enorme punto interrogativo. Se la Reggina è arrivata fino ad oggi e nonostante questo delittuoso epilogo resta un orgoglio di questa città, il merito è prima di tutto di queste persone. Di chi ha operato in funzione dell’amaranto prim’ancora che in funzione di se stesso.

La storia renderà onori ed imputerà oneri. La storia, magari, restituirà alla vita la Reggina. Oggi, pochi minuti dopo aver scritto le righe più dure della mia carriera giornalistica annunciando la mancata iscrizione al campionato, ho cercato nuovamente la pagina dell’US Foggia su Wikipedia. Consiglio di fare lo stesso a chi, come chi scrive, oggi sente di aver perso qualcosa di veramente caro, proprio, una parte di sé. A chi soffre davvero per quanto è accaduto e sente di aver smarrito una passione vitale. Avrà una sorpresa.

Scoprirà che la pagina dell’US Foggia non esiste più ed è stata unificata a quella del Foggia Calcio, società fondata dopo il fallimento della prima nel 2012. Pochi giorni fa la nuova società ha potuto riacquistare il marchio del club defunto ed è, riportiamo testualmente, “dal 7 luglio 2015 ufficialmente l’erede storico e sportivo dell’US Foggia”.

In Radiofreccia, Stefano Accorsi ricordava Mazzola, Corso e Suarez con un pensiero che ogni tifoso amaranto, oggi, potrebbe far proprio. “Credo che un’Inter così non ci sarà mai più – assicurava il protagonista del film di Luciano Ligabue –  ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa”.

Già.

Ad maiora, Reggina…

Gianpiero Versace
Giornalista pubblicista, Direttore Editoriale di RnP. Già Resp. Comunicazione della Reggina, ha collaborato con Calabria Ora, Goal.com e Calcio 2000.

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