Nella foto che vedete, i giocatori della Reggina edizione 94/95 stanno festeggiando insieme ai loro tifosi, subito dopo aver segnato in quel di Pontedera. Alla fine del torneo mancano 4 giornate, il ritorno in B è ad un passo: a siglare quel gol-vittoria, Rubens Pasino, funambolico calciatore rimasto nel cuore di tutto il popolo amaranto.
Di tempo né è passato davvero tanto, ma Pasino non riesce davvero a credere che la sua amata Reggina oggi sia ad un passo dalla serie D…
QUESTIONE DI…CARATTERE- Dispiace veramente vedere la Reggina in questo stato, specie pensando che eravamo riusciti a riportala in serie B. Ci sta perdere la massima serie, ma assistere alla situazione attuale è veramente triste, per chi come me è rimasto affezionato alla maglia ed alla città . Reggio che rischia di sprofondare tra i dilettanti, è un qualcosa a cui non riesco neanche a credere. Dall’esterno è difficile dare una spiegazione a tutto questo, ma di sicuro il calcio è cambiato, i valori di una volta non ci sono più. Ai miei tempi si viveva tutto in modo diverso, e prima di firmare per una squadra come la Reggina, sapevi già che per giocare a Reggio ci volevano le palle. Andavamo in campi infuocati, dove la pressione ambientale era fortissima, ma nonostante questo avevamo la personalità per reggere l’urto. Oggi come oggi, a dover affrontare certi pesi psicologici ci sono dei ragazzini, e quindi tutto diventa più difficile.
C’ERA UNA VOLTA IL LEADER- Forse a questa squadra mancano i leader, i giocatori di personalità . All’epoca, se sbagliavi c’era gente come Maurizio Poli o Maurizio Vincioni, che per il tuo bene si comportava come i genitori di una volta. Se facevi lo scemo in allenamento rischiavi che ti staccassero una gamba, se sbagliavi qualcosa a livello di comportamento potevi anche essere attaccato al muro dello spogliatoio….Insomma, c’era sempre gente pronta a ricordarti cosa significasse indossare la maglia amaranto, e tutto ciò, insieme all’amore della gente, ti spingeva sempre a dare il massimo. Ripeto, per giocare in serie C, o avevi carattere oppure potevi stare a casa. Quando ho esordito con la Reggina, affrontavamo il Barletta sul neutro di Andria, ed i miei compagni, prima della gara, mi dissero “Nei primi 10 minuti ci saranno solo botte, ma se capiranno che non hai paura potrai cominciare a giocare a calcio”. Insomma, capii subito quale fosse lo spirito da mettere in campo.
TANTO, CI PENSA ALFREDO…-I tifosi reggini erano unici, il loro amore costituiva la nostra forza. Anche vent’anni fa tuttavia, c’erano i momenti difficili, e quando le cose non giravano dovevi fare i conti con le contestazioni. Ricordo che nel primo anno di serie B iniziammo male, e prima della partita casalinga col Perugia, di notte, venne un gruppo di Ultras a suonarmi a casa, e mi invitarono a scendere giù: erano molto arrabbiati, sostenevano che non ci stavamo impegnando abbastanza, pretendevano la vittoria a tutti i costi. Io avrei potuto non rispondere o chiamare la polizia, ed invece ho voluto metterci la faccia, parlare a quella che era la mia, la nostra gente. Scesi a tranquillizzarli, gli promisi sia l’impegno che la vittoria: fortunatamente, la domenica ci pensò Alfredo (Aglietti, ndr), e grazie ad un suo gol battemmo il Perugia. Giocare a fianco di un calciatore bravo come lui, ti faceva stare più tranquillo; è vero, quella Reggina era composta da uomini, ma anche da bravi calciatori…
QUEL NODO IN GOLA- Così come ho detto nelle interviste precedenti, l’unico mio rimpianto è di aver concluso il mio rapporto con la Reggina da fuori rosa. Le storie d’amore finiscono, ma per quello che ho dato e ricevuto, mi sarebbe piaciuto uscire di scena dalla porta principale, e non in quel modo. In ogni caso, anche quell’esperienza mi ha fortificato, mi ha fatto maturare come persona e come professionista. Un futuro ancora insieme? Dal momento che oggi faccio l’allenatore, chissà …Mi piacerebbe tantissimo, anche se ultimamente la scelta degli ex non sta portando tanto bene alla Reggina (sorride, ndr).
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