NON SI PUO’ GIOCARE COSI’…Ho giocato in tantissime squadre. Quando perdono alcune mi dispiace, quando perdono altre sinceramente non mi fa né caldo né freddo. Quando perde la Reggina invece, è un autentico dolore, perché è la squadra di cui sono e resterò sempre un tifoso accanito. Ogni volta che ho potuto, ho seguito qualsiasi partita, gioendo o soffrendo a seconda del risultato finale. Ovviamente, ho visto su sportube Reggina-Ischia, e sono rimasto sconcertato dal modo in cui è stata affrontata questa partita: eravamo molli nei contrasti, senza furore agonistico, senza rabbia. Per uno come me, è inconcepibile che la sfida della vita si giochi a quel modo. Nel 98/99, noi le partite le vincevamo già nel sottopassaggio, prima che incominciassero: andavamo a cercare lo sguardo dei nostri avversari, li fissavamo negli occhi ad uno ad uno, gli facevamo capire che eravamo disposti pure a farci rompere una gamba, ma a Reggio non si passava. Per questo siamo andati in serie A, nonostante ci fossero tantissime squadre molto più forti di noi. Mi dispiace veramente dirlo, ma oggi nella Reggina vedo tanti calciatori che se potessero scapperebbero via domani…
GIUGNO 99, DELLE ALPI DI TORINO: MARTINO-GOL, REGGIO E’ IN SERIE A. Ogni volta che parlo di quel gol, è sempre un’emozione. Appena ho visto la palla varcare la rete, sono corso subito verso la gradinata dove c’era il muro umano composto dai nostri tifosi, per abbracciarli idealmente. Se avessi potuto farlo, li avrei abbracciati per davvero, tutti quanti, uno per uno. La gente quell’anno è stata determinante, spingendoci con un tifo ed una passione veramente straordinari. Da parte nostra, ci abbiamo messo l’anima sin dal primo allenamento: quello era un gruppo di uomini, a me, a Maurizio Poli, a Simone Giacchetta, non doveva stimolarci o pungolarci nessuno, ci bastava uno sguardo per capirci al volo. Oggi vedo ragazzini puntare i piedi e fare i capricci, vi posso garantire che ai nostri tempi non ci avrebbero pensato nemmeno per un attimo a dar vita a certi comportamenti, perché sapevano che il giorno dopo li avremmo sbattuti contro un muro. Nel nostro spogliatoio chi non aveva certi valori se ne doveva andare via subito, perché c’era una maglia da onorare, una città da difendere, un sogno da realizzare…
UN SOGNO NEL CUORE- Se il Presidente me lo chiedesse, verrei immediatamente a dare una mano nello staff tecnico, non importa con quale ruolo. Metterei a disposizione della squadra tutta la mia esperienza, ma soprattutto il mio amore per Reggio Calabria. Darei l’anima per far capire cosa significhi indossare la maglia amaranto, cosa significhi entrare in campo e far capire all’avversario che ha già perso prima cominciare la partita…
NIENTE PAURA…No, non mi aspettavo assolutamente che la Reggina subisse un tracollo del genere. Anche quest’anno, ero certo che nella peggiore delle ipotesi sarebbe arrivata la salvezza senza passare dai playout. Mi auguro ovviamente che la situazione si possa recuperare, ma se così non dovesse essere, bisogna trovare il modo e la forza per ripartire immediatamente, perché Reggio non può sparire. Tante piazze sono state costrette a ricominciare dai dilettanti, ma con un progetto solido e vincente sono riuscite a ritornare grandi in poco tempo…
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