Riteniamo che il compito di una testata giornalistica sia quello di fare sempre e comunque il proprio dovere, mettendo in risalto anche, per non dire soprattutto, le cose che non vanno, le cose difficili da mandare giù. Il compito che ci spetta tuttavia, non si ferma solo a questo: a nostro modesto avviso un giornalista a volte deve anche cercare di non gettare benzina sul fuoco, di usare equilibrio specie nei momenti più caldi e delicati della stagione, in cui bisogna pensare prima di tutto al raggiungimento di un obiettivo. In virtù di queste premesse, ci asteniamo dall’analizzare ulteriormente l’ultima prestazione della Reggina, anche perché probabilmente c’è poco da aggiungere a quanto scritto in fase di “commento a caldo”. Meglio limitarci ad accogliere con un sospiro di sollievo i 3 punti incamerati, consapevoli che ci sarà ancora parecchio da soffrire, che la parola “fine”, in questa annata da dimenticare in fretta, non è assolutamente stata scritta.
Per il nostro modo di vedere le cose, in merito al match di sabato scorso va invece sottolineata la dignità di un avversario, il Gallipoli, che ha veramente onorato il calcio dal primo all’ultimo minuto. Una società allo sbando, una favola rovinata con vicende ai limiti del tragicomico, potevano far pensare ad un Gallipoli dimesso, rassegnato, in campo per aspettare solo la fine dell’ennesimo incubo. Noi però lo avevamo detto che i pugliesi non sarebbero venuti al Granillo in gita, e i fatti ci hanno dato pienamente ragione: giocatori non pagati e abbandonati a sé stessi, che combattono pallone su pallone, per amore dei colori, per rispetto di quei 10 ragazzi (complimenti anche a loro) presenti nel settore ospiti. Ormai, nel parlare di “maglia” e di “colori”, si rischia di sprofondare nella retorica o nel populismo: in questo mondo del pallone, sono cose ormai superate, che non interessano più. Oggi parliamo di anticipi e posticipi, di diritti Tv, di calciatori che cambiano 2-3 squadre in un anno, o che hanno perso le motivazioni perché sul loro contratto non figura mezzo milione di euro in più. Il calcio del quale ci siamo perdutamente innamorati da bambini, non era questo.
Ecco perché chi vi scrive, è stato tra i primi ad alzarsi in piedi per applaudire tutta la squadra gallipolina, al fischio finale del sig. Baracani. Ecco perché siamo sicuri che più di un tifoso amaranto, anche se solo per pochi secondi, ha finito col provare una sorta di “assurda invidia” per quei 10 ragazzi, venuti dal Salento a sostenere una squadra ormai in Lega Pro, e consapevoli per giunta che l’anno prossimo ripartiranno dai Dilettanti. Ecco perché, se oggi ci chiedessero “cosa deve fare la Reggina per uscire indenne da Grosseto ”, non esiteremmo un istante a rispondere che…”deve giocare da Gallipoli!”.
Ferdinando Ielasi
Commenti